28 abr 2012

Descamisados. Avevo avvisato. Cristina Kirchner va fermata prima che sia tardi. Il giro nazionalista sulle Falklands ha trovato la sua naturale conseguenza nell'espropriazione del 51% di Repsol YPF, avvenuta pochi giorni dopo. I due avvenimenti sono strettamente collegati sul piano ideologico: la denuncia del colonialismo britannico si concretizza nell'attacco frontale a un colosso petrolifero straniero, accusato nemmeno troppo sottilmente di sfruttare le risorse del sottosuolo argentino in contrasto con gli interessi nazionali. Gli ingredienti di questa deriva populista sono noti, e Buenos Aires si posiziona ufficialmente sulla linea rossa tracciata in precedenza da Caracas, La Paz, Quito. Seguiranno Brasilia e Montevideo. Questa è la prima riflessione, quasi ovvia. La seconda, meno ovvia, è la seguente. Repsol YPF è (era) un'azienda privata, il cui presidente, il catalano Brufau, non ha mai dimostrato nessuno scrupolo nell'investire in paesi in cui il quadro di protezione legale del business è - per usare un eufemismo - quantomeno incerto. Famosa l'immagine dell'industriale seduto sotto il ritratto gigante di Che Guevara, nel corso di una riunione con il presidente boliviano Evo Morales. Ora, anche volendo scomodare il concetto di impresa di interesse nazionale, essendo Brufau il responsabile principale di un'azienda privata e non statale, non c'è alcuna ragione per cui il governo di Madrid debba intervenire nella questione. I dirigenti di Repsol sono persone responsabili delle loro azioni e, quando decidono di andare a fare affari nella giungla, lo fanno evidentemente conoscendone tutte le possibili implicazioni. Se Brufau è così amico dei capi di stato bolivariani, perché non è riuscito a salvare Repsol YPF? Perché non garantisce per loro di fronte agli altri imprenditori spagnoli ed europei in preda al panico per quello che potrà succedere da ora in avanti? Per farla breve: se oggi vai a farti fotografare sotto il ritratto di Che Guevara, puoi anche pensare che magari domani l'azienda qualcuno te la porta via. Detto questo, qualcuno fermi la Kirchner, la sua gioventù peronista e il suo viceministro dell'economia.

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